Vendemmia 2023: il clima è imprevedibile

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Come ogni anno in questo periodo la vendemmia è nel vivo e i viticoltori di tutta Italia si trovano nei campi a raccogliere l’uva con cui produrranno vino da vendere nel Belpaese o da esportare all’estero. I loro volti però sorridono meno rispetto al 2022: le previsioni parlano di un calo del 12% e la produzione vinicola italiana scende, trovandosi poco sotto i 44 milioni di ettolitri.

Vendemmia 2023

Colpa principalmente dei cambiamenti climatici, che nell’ultimo periodo hanno inciso moltissimo sulla produzione primaria, grandinate e acquazzoni in primis. Condizioni a cui bisognerà abituarsi, e soprattutto far abituare le coltivazioni.

Un calo di produzione che da un lato preoccupa, ma dall’altro può avere risvolti positivi nel far comprendere quale piega il settore vitivinicolo dovrà prendere negli anni a venire, anche alla luce delle criticità emerse nel corso della vendemmia 2023.

Condizioni climatiche avverse per le vigne

Stanno influenzando ogni aspetto della nostra vita, e non stanno lasciando scampo nemmeno alle vigne, i cambiamenti climatici. Soprattutto ai raccolti del Centro-Sud, ma in parte anche alle regioni Settentrionali.

A dare filo da torcere alle vigne ci sta pensando soprattutto la Peronospora, malattia fungina determinata dalle frequenti piogge che attacca il vigneto e compromette le uve. Si manifesta sotto forma di macchie e segni sui tessuti delle foglie, che ingialliscono e cadono prematuramente. Umidità, piogge intense ma anche sbalzi di caldo e di freddo ne hanno favorito lo sviluppo.

Attacchi ripetuti, quelli della Peronospora, che hanno cominciato a susseguirsi già in primavera ed estate.

Non solo le piogge, ma anche la siccità sta causando più di qualche problema in fase di vendemmia: in alcune zone le ondate di caldo hanno accelerato in maniera incredibile la maturazione dell’uva, rischiando di cogliere impreparati i viticoltori che in certi casi hanno dovuto anticipare le operazioni di vendemmia pena il rischio di veder andare a male il raccolto. Interpretare le curve di maturazione è ormai diventato difficilissimo, e il rischio di passare da un’uva non matura a una surmatura in pochissimi giorni è altissimo. La nuova era climatica si sta rivelando un banco di prova durissimo per la vendemmia 2023. Esperienza che, al di là dei risultati che si otterranno, servirà a prendere coscienza che è tempo di cambiare qualcosa e mitigare i danni causati sia dall’innalzamento delle temperature che dalle alluvioni o piogge intense.

La qualità del vino non calerà

A rassicurare però è la prospettiva di una raccolta dove la qualità del prodotto non verrà inficiata, nonostante lo sviluppo di malattie come la Peronospora che però non influisce direttamente sulla qualità delle uve sane, tanto che le prospettive enologiche in termini di livelli di acidità e quadri aromatici sono molto positive. Per cui dalla vendemmia 2023 emergeranno comunque vini di buona qualità, soprattutto se sia in vigna che in cantina si lavorerà bene, mettendo in campo tutte le conoscenze tecniche e scientifiche a disposizione per contrastare un clima che è diventato sempre più imprevedibile.

Anzi, in futuro sarà sempre più essenziale puntare sulla qualità piuttosto che sui primati produttivi, soprattutto visto che sul territorio italiano c’è un ampio numero di giacenze. Le scelte saranno improntate sul medio e lungo periodo.

Cosa fare per preservare la raccolta dell’uva

Le prossime settimane si riveleranno cruciali per portare alla maturazione ottimale le uve delle varietà più tardive. Se per rivoluzionare il settore vitivinicolo servirà ancora del tempo e le condizioni climatiche di quest’anno stanno facendo capire come debba esserci un ripensamento a tutto tondo, in fase di raccolta ci sono alcuni accorgimenti che possono preservare l’uva appena raccolta. Oltre a scegliere il momento giusto per prelevarla, diventato complicato da cogliere proprio per via dei cambiamenti climatici, bisognerà utilizzare attrezzi e contenitori puliti e sterilizzati per evitare contaminazioni, maneggiare delicatamente i grappoli, rimuovere foglie e detriti per scongiurare l’insorgere di microbi e fare ricorso al ghiaccio secco (CO2 solida) nel trasporto dalla vigna alla cantina. Il ghiaccio secco nell’industria vitivinicola serve soprattutto a creare atmosfere prive di ossigeno o che ne contengano pochissimo in modo tale da proteggere le uve, non solo dopo la vendemmia ma anche nelle successive fasi di lavorazione in cantina, come la pressatura per esempio.

L’utilizzo di ghiaccio secco durante la produzione del vino può essere un ottimo sistema per contrastare le temperature elevate di questi ultimi anni, che hanno incrementato il rischio di fermentazione all’interno delle benne di trasporto. Mantenendo una temperatura costante e fredda viene prevenuto il rischio di surriscaldamento e deterioramento dell’uva. E nell’ottica di voler ottenere un vino di alta qualità mantiene la freschezza dell’uva, soprattutto in territori caldi o in presenza di climi in cui le temperature durante la vendemmia sono tendenzialmente elevate. Non solo vino e vigneti: il ghiaccio secco per il settore alimentare è manna dal cielo, funzionale a raggiungere diversi scopi, molto simili a quelli per cui viene impiegato in vigna. Innanzitutto serve per raffreddare e congelare rapidamente gli alimenti, molto utile soprattutto in caso di prodotti delicati come pesce e carne, mantenendo invariati texture e sapori. Analogamente alla vendemmia, serve per mantenere una temperatura adeguata in fase di trasporto dei cibi deperibili e impedisce la crescita microbica specialmente nei prodotti lattiero-caseari.

In cucine e ristoranti, il ghiaccio secco è a anche utilizzato per creare effetti speciali quando si portano in tavola piatti innovativi.