Dicono che sia il cambiamento climatico, ma il tempo negli ultimi anni diventa sempre più bizzarro, e i vigneti si devono spostare sempre più in alto, come in Trentino-Alto Adige. La regione è più fortunata di altre, visto che è tutta molto al di sopra del livello del mare, ma qui la qualità già regnava sovrana.
È stato il tema principale della seconda edizione di Alto Adige Wine Summit. Il Consorzio Vini Alto Adige si è dato un nuovo appuntamento, per il suo congresso biennale, per far incontrare produttori, giornalisti e operatori del mondo del vino, da 16 paesi diversi.
La regione è ormai uno dei capisaldi del vino, con i suoi 5mila ettari che producono 330mila ettolitri. Poco in termini di quantità, ma tantissimo in termini di qualità.
Il congresso
Il congresso è stato un punto di riferimento per le decisioni sul futuro della regione, come ha sottolineato il presidente del Consorzio, Maximilian Niedermayr:
“Stiamo cercando di assicurare un futuro alle prossime generazioni. Il Consorzio riunisce 200 produttori che rappresentano la voce dei viticoltori altoatesini e la classificazione di 86 vigne è solo uno dei traguardi raggiunti che ci hanno permesso una crescita costante. Desideriamo fare di più, dando indicazioni precise sul clima e sui terreni al fine di agevolare ulteriormente la produzione”.
A spiegare il successo del Trentino-Alto Adige il ricercatore dell’Istituto per l’Ambiente Alpino Eurac Research, Georg Niedrist. La regione sfrutta il suo clima temperato, seppur alpino, grazie all’esposizione dei vigneti a sud, ed a ottimi sistemi di irrigazione, che sono ormai indispensabili con il cambiamento climatico, che non garantisce più le giuste quantità di acqua.
Il cambiamento ha però aumentato le concentrazioni dello zucchero nelle uve, che però devono essere maggiormente protette dalla grandine, che si è intensificata negli ultimi anni.
È probabile, fanno sapere dall’Istituto, che alcuni vigneti dovranno essere reimpiantati in quota, tendenza già in atto ora.
Ma il Trentino-Alto Adige ha le carte in regola per affrontare il cambiamento, grazie alla varietà delle sue specie, all’origine vulcanica e dolomitica del territorio e alla grande professionalità dei suoi viticoltori, che hanno superato, come ricordato al congresso, lo scandalo che colpì venti anni fa il vino della regione, con il metanolo e il glicolo che rovinarono la reputazione di una delle zone più belle d’Italia.