Uno dei più illustri manuali di cucina e ricettari senza tempo è “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi che delizia i palati e le menti con la sue riflessioni tra i fornelli.
Tra le prime pagine del libro di Artusi, prima ancora di entrare nel merito delle ricette, si spiegano i poteri nutritivi dei diversi tipi di carne e si dà una frustata ai benpensanti. Proviamo a sintetizzare e riportare i tratti salienti di queste pagine introduttive.
Artusi elenca in ordine decrescente di nutrizione le carni dei diversi animali:
1. cacciagione, ossia selvaggina di penna e piccione
2. manzo
3. vitella
4. pollame
5. vitella di latte
6. castrato
7. selvaggina di pelo
8. agnello
9. maiale
10. pesce
Chiaramente un elenco del genere si presta a molte critiche perché come ricorda lo stesso Artusi, spesso la capacità nutritiva di una carne è legata anche all’età dell’animale e all’ambiente in cui vive, al genere di alimentazione che ha e così via.
Trascurare i dettagli e le diversità che possano modificare questo elenco è un po’ come rifugiarsi nell’ipocrisia pensando di non avere bisogno di conoscere i dettami della buona cucina. Nella “Frustata” Artusi dice che sebbene non si voglia dare importanza al mangiare, poi non c’è festa, civile o religiosa in cui non si distenda la tovaglia o non si cerchi di pappare il meglio.
Tanto per fare un po’ di cultura ed educare i suoi lettori, riporta poi i versi i Filippo Pananti “La bella proposizione”:
Tutte le società, tutte le feste
Cominciano e finiscono in pappate,
E prima che s’accomodin le teste
Voglion esser le pance accomodate;
Di là con un bellissimo concetto
Ingenii venter largitor fu detto.
Si vuol far e una fabbrica, un canale,
Tutto a un pranzo si fissa e si dispone;
Evvi il gran desinar ministeriale,
Quello dei membri dell’Opposizione;
Si fa l’installazione del Lord mere,
Che union, che sala, che mangiar, che bere!
Adunasi un politico consesso
Di ministri, e di re l’alto senato;
Di saper, di cercar non è permesso
Cosa fan quei grandi uomini di stato;
Ma solo sappiam noi genti volgari
Che si dan dei superbi desinari.
I preti che non son dei meno accorti,
Fan dieci miglia per un desinare.
O che si faccia l’uffizio dei morti,
O la festa del santo titolare,
Se non c’è dopo la sua pappatoria
Il salmo non finisce con la gloria.