I nostri geni conservano la memoria dei gusti degli individui, il che vuol dire che quel che ci piace, in fondo, è già scritto e non è che il gusto si coltivi poi tanto. Lo spiega una ricerca riportata da Repubblica.it e curata da una ricercatrice dell’Università di Cagliari e poi pubblicata su Plos One.
Da oggi probabilmente non si potrà più dire “è questione di gusti” bensì “è questione di genetica”. Secondo gli studi dello staff di Iole Tomassini Barbarossa, studiosa dell’università di Cagliari che collabora con la Rutgers University del New Jersey (Usa), infatti, “Siamo geneticamente predisposti a scegliere certi alimenti e a evitarne altri”.
Nell’ultima sua pubblicazione, sempre su Plos One, scaturita dalla collaborazione tra competenze di fisiologia, chimica e biochimica dell’Università di Cagliari e il Department of Food Science of Rutgers University, viene dimostrato che queste proteine salivari, e in particolare l’aminoacido Arginina, “sono in grado di aumentare la percezione gustativa in relazione alla loro concentrazione nella saliva e che la loro supplementazione può aumentare la percezione gustativa soprattutto nelle persone che ne sono mancanti fisiologicamente”.
Questi due passaggi della ricerca di Plos One. La domanda allora è: perchè affannarsi alla ricerca del piatto più prelibato e ricco di gusto se alla fine potrebbe anche non piacere per una questione genetica? Forse ma oggi la genetica e l’alimentazione continuano ad essere un binomio fin troppo “considerato”. Si pensi ad esempio a tutta la storia delle allergie alimentari. C’è addirittura da anni la proposta di una serie di test del DNA per scoprire le allergie alimentari. Sul Fatto alimentare troverete indicazioni a riguardo.